
NEGOZIARE COL DIAVOLO
La verità sulla mediazione internazionale nei conflitti armati
Negoziare con il nemico è un segno di debolezza o una necessità per fermare le guerre? Pierre Hazan ci accompagna nel complesso mondo della mediazione internazionale nei conflitti armati, dove la diplomazia si scontra con la realpolitik e il confine tra giustizia e compromesso diventa labile. Attraverso casi reali – dal conflitto russo-ucraino alle guerre in Medio Oriente e Africa – l’autore analizza il ruolo di mediatori, governi e organizzazioni internazionali, svelando i retroscena delle trattative con dittatori, terroristi e signori della guerra.
In un’epoca segnata da nuove tensioni geopolitiche e dall’indebolimento del diritto internazionale, Hazan ci mostra come il dialogo, per quanto controverso, sia spesso l’unica via per limitare il caos globale.
Un’opera sincera, unica e imprescindibile per comprendere le dinamiche della pace nel XXI secolo e il delicato equilibrio tra morale, potere e necessità politica; il libro essenziale per chi vuole comprendere le sfide e le decisioni critiche dietro ogni
trattativa nei conflitti armati globali.
L'AUTORE:
PIERRE HAZAN con la collaborazione di Emmanuelle Hazan
FORMATO: 14,00 X 21,00
PAGG.: 192
PREZZO: € 16,00
ISBN: 979-12-81620-57-5

L'AUTORE:
Pierre Hazan è un giornalista, autore ed esperto di giustizia e mediazione dei conflitti. Ha lavorato per “Le Monde” e “Libération” ed è consulente per organizzazioni internazionali. Scrive su temi di diritto internazionale e pace, e insegna in prestigiose università.
A questo libro hanno lavorato anche:
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Ludovica Inserra (impaginazione e supervisione redazionale)
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Giada Di Pino (correzione bozza)
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Angelo Clemente (traduzione)
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Ornella Privitera (revisione di traduzione)
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Lino Orlandelli (supervisione tecnica per la produzione)
Per INKgraphics e INKdigital: Pietro Petronella, Arianna Festinese e Dario Motta (copertine, video e scelte grafiche)
È stato stampato da ROTOMAIL Spa – Vignate (MI)
INVITO ALLA LETTURA:
A che punto siamo con la mediazione? Per dirla in breve, siamo passati dall’era della risoluzione dei conflitti al grado zero della gestione dei conflitti. Questo evidenzia il
cambiamento nell’utilizzo della mediazione: siamo lontani dal mondo post-Guerra Fredda degli anni ’90, in cui la mediazione si inseriva nella visione più ampia della
pace, concepita per guidare società divise verso la riconciliazione e la democrazia. La realtà, spesso, era diversa, ma questa era almeno l’ambizione dichiarata dalle Nazioni Unite. Di fatto, gli accordi di pace erano numerosi. Oggi, la situazione è radicalmente
cambiata, segnata dal ritorno della guerra in Europa e da innumerevoli conflitti e fonti di tensione, che si manifestano nel Mar Cinese, tra le due Coree, tra la Russia e l’Occidente, in Africa o ancora tra Washington e Pechino, per citare solo alcuni esempi particolarmente significativi.
Di fronte alla recrudescenza della guerra e alle tensioni internazionali, la mediazione nei conflitti armati tende ad adattarsi. La risoluzione dei conflitti è diventata
l'eccezione. Il bilancio degli ultimi accordi di pace, del resto pochi, è variegato: gli accordi di pace di Algeri (2015) sul Mali sono un fallimento evidente, mentre quelli sulla Repubblica Centrafricana restano incerti (2019). Sul versante positivo, l'accordo di pace tra il governo etiope e i gruppi armati del Tigrè (2022), così come quello tra il
governo colombiano e le FARC (2016), ha tenuto, anche se alcuni ex militanti delle FARC si sono "riciclati" in organizzazioni criminali.
Di fronte a questa realtà, si potrebbe pensare che la mediazione sia in declino. È accaduto esattamente il contrario. La mediazione nei conflitti armati ha assunto forme nuove e persino sorprendenti. Stiamo vivendo – segno dei tempi – l’era degli "accordi": i mediatori lavorano su intese di nicchia, ad hoc e transazionali, spesso
limitate nel tempo e con meccanismi di controllo e verifica molto deboli. Questi accordi pragmatici nelle zone di conflitto riguardano ambiti che, fino a poco tempo
fa, erano difficilmente immaginabili: il mondo digitale, l’intelligenza artificiale, il crimine organizzato, la pandemia, le materie prime e, in futuro, forse anche lo spazio
extra-atmosferico. L’ambizione di questi accordi è limitata: alleviare temporaneamente le sofferenze di una parte della popolazione, limitare l’uso di alcune armi o tecnologie, o prevenire l’escalation di conflitti in corso.
L’esempio paradigmatico di questi accordi pragmatici è rappresentato dall’intesa raggiunta tra Israele e Hamas il 21 novembre 2023, attraverso la mediazione qatariota-egiziana-americana.